1949, il Consiglio Comunale di Trieste, deliberò la spesa per l’eventuale recupero delle salme contenute nella foiba di Basovizza. Non è mai stato accertato con esattezza il numero di persone precipitate nell’abisso dai carnefici titini: una informativa iugoslava dell’immediato dopoguerra parla di 250 persone, alcuni calcoli recenti propendono per dieci volte tanto. E’ certo invece che il numero complessivo degli infoibati, è inferiore a quello dei deceduti nei campi di concentramento jugoslavi (per fame, malattie, condizioni igieniche disastrose, maltrattamenti). Secondo un rapporto ufficiale della polizia del Governo Militare Alleato furono recuperate dalle foibe 464 salme, di cui 247 di militari, in molti casi inumate in fosse isolate e comuni. Il recupero più consistente avvenne presso la foiba di Ielenca Iama, a Cruscevizza, oggi in Slovenia, dove furono recuperate 156 salme, nella quasi totalità di civili.
1950, la foiba di Basovizza fu abbandonata e trasformata in discarica.
1952, moti di piazza di “irredentisti” italiani repressi dagli angloamericani.
1953, la ditta Cavazzoni fu autorizzat a procedere al recupero di rottami ferrosi sul fondo della foiba di Basovizza. Gli scavi scesero a 226 m, senza incontrare resti umani, poi il pozzo tornò alla funzione di discarica.
estate 1953, il presidente del Consiglio italiano, Pella, di fronte alla minaccia di annessione della zona B da parte jugoslava, invia truppe al confine per occupare la zona A, qualora la mossa jugoslava avesse seguito.
6 settembre 1953, Tito nel discorso ad una folla oceanica radunata a Oktolika (S. Basso), a 6 km dal confine, rinfaccia all’Italia, che chiedeva conto delle foibe, dei crimini perpetrati dagli occupanti italiani in Slovenia: 70.000 sloveni deportati, 11.000 fucilati, e 430.000 vittime complessive attribuibili agli italiani nell’intero territorio iugoslavo.
5-6 novembre 1953, sanguinosi disordini a Trieste provocati da attivisti nazionalisti di parte italiana per il ritorno di TS all’Italia, repressi dagli agenti di PS di Winterton. Al termine della giornata si contano tra i dimostranti italiani 6 morti e numerosi feriti.
Febbraio 1954, avviati colloqui segreti tra angloamericani e jugoslavi per sanare la drammatica situazione.
Giugno 1954, avviati analoghi colloqui con l’Italia.
5 ottobre 1954, memorandum/patto d’intesa di Londra, tra Italia e Jugoslavia concernente il Territorio Libero di Trieste che stabilì la cessazione del TLT: la zona A venne assegnata all’Italia, la zona B alla Jugoslavia.
26 ottobre 1954, passaggio dei poteri dagli angloamericani all’Italia della zona A.
4 novembre 1954, consacrazione del ritorno di Trieste all’Italia con la nomina del Commissario di Governo in rappresentanza del Capo dello Stato italiano, con particolari condizioni di rappresentanza politica.
1959, per interessamento del francescano Flaminio Rocchi, il Commissario Generale per le Onoranze in Guerra del Ministero della Difesa, provvide alla copertura della foiba di Basovizza e della foiba 149, detta di Monrupino, dove una delegazione tedesca aveva accertato, nel 1957, la presenza di salme germaniche, senza poterle recuperare.
31 gennaio 1963, cessa il regime amministrativo precedente e prende il via la Regione Autonoma a Statuto Speciale del Friuli Venezia Giulia.
1975 accordo di Osimo, segna la fine del contenzioso tra Italia e Jugoslavia per il confine orientale.
1980, in seguito all’intervento delle associazioni combattentistiche patriottiche, politiche e dei profughi istriani, fiumani e dalmati, il pozzo di Basovizza e la foiba 149, vengono riconosciute quali monumenti d’interesse nazionale. Il sito di Basovizza sistemato dal comune di Trieste, divenne il memoriale per tutte le vittime degli eccidi 1943-1945, ma anche fulcro di polemiche per il prolungato silenzio ed il mancato omaggio delle più alte cariche dello Stato.
1991, anno cruciale della dissoluzione dello stato federativo jugoslavo e dell’URSS. Visita del presidente Cossiga, a Trieste
1992 il presidente Oscar Luigi Scalfaro eleva la foiba di Basovizza a monumento nazionale
2004 il Parlamento approva a voto quasi unanime la “Giornata del Ricordo” per le vittime e gli esuli giuliani, istriani e dalmati, fissando la data del 10 febbraio.