La Strage dei " Mongoli " nella memoria
…Fino al giorno precedente la segnalazione della presenza di “mongoli” a Monte di Nese, cioè il 12 aprile 1945, la zona della Busa
non era presidiata da truppe. L’unica presenza attiva era quella dei militari tedeschi, presenti ad Alzano ed acquartierati nella villa Pesenti del parco Montechio, che effettuavano regolari esercitazioni (mitragliamenti, lancio di bombe a mano, ecc.), nella zona della cava.L’attività parLa presenza dei “mongoli” nella zona di Monte di Nese viene avvertita nella serata del 12 aprile. Nel corso della notte e nel primo mattino del 13 avviene il dispiegamento prima a valle e poi verso l’alto, di truppe tedesche (cavalleria con presenza di soldati “mongoli” fedeli ai tedeschi), e la Brigata Nera di Resmini.L'attività partigiana in quei giorni di aprile era molto limitata perché nel mese di marzo c’erano stati sanguinosi rastrellamenti nella zona della Busa, con l’uccisione, il 21 marzo, di Giulio Caprini e di uno sbandato straniero, e perché i più si erano allontanati per aggregarsi alle formazioni partigiane di montagna operanti nella zona della valle Serina. Non esistevano strade che portavano a Monte di Nese, e gli assedianti usarono l’unico sentiero esistente (all’incirca l’attuale 531).
Alla Busa viene attivata una base operativa sui prati posti alla sinistra del torrente Nesa, oggi occupati dall’inizio di via Meer dall’officina Bonomi.
Già nel corso della prima mattina vengono portati a valle i feriti nei combattimenti che si stanno sviluppando sempre più cruenti a Monte di Nese. Le prime cure vengono prestate presso la trattoria ex Bonasio da medici di Alzano Lombardo (dr. Terzi).
I feriti sono per la parte maggiore, delle Brigate Nere, che nei primi momenti avevano avuto la peggio. Col passare delle ore e il dispiegamento di una batteria di mortai nei pressi della casa “Mologni” sul Belvedere, la situazione cambia a vantaggio dei fascisti e dei tedeschi. Gli spari prima molto intensi, verso mezzogiorno si attenuano.
Nelle prime ore del pomeriggio del 13 aprile, scendono lungo il sentiero di Monte di Nese, dei prigionieri “mongoli”, affardellalati come bestie. Vengono fermati vicino alla tribulina (oggi in posizione più verso monte, di allora). Lasciati a terra i fardelli, i “mongoli” vengono portati nel campo vicino, poco sotto la cascina “Mologni”, in prossimità del muro che oggi divide il prato dal centro sociale. Sono costretti a scavare una grande buca, e subito vengono mitragliati dai militi delle Brigate Nere comandate da Resmini, dopo essere stati allineati sul bordo.
Tra i militi c’era un ragazzino i divisa dall’apparente età di 12 – 13 anni, che al momento di sparare aveva difficoltà a tenere puntato il mitra tanto che venne aiutato da un milite più anziano.
Prima e dopo questo fatto ci furono dei movimenti di soldati nella cascina “Mologni”. Un gruppo di soldati che dall’aspetto dovevano essere della stessa nazionalità degli uccisi, scese, guidato da un ufficiale, dalla cascina verso il luogo della strage, armi in pugno e con un gran vociare nei confronti dei militi fascisti. Questa mossa mise in fuga i fascisti che scesero precipitosamente verso la Nesa, disperdendosi sui prati circostanti. L’ufficiale raggiunto il luogo dell’esecuzione si inginocchiò sui caduti, li abbracciò tutti, e con le lacrime agli occhi lanciò grida di disperazione. La situazione ritornò sotto controllo dopo l’intervento di un ufficiale tedesco e il dispiegamento di militari tedeschi sul posto.
I corpi degli otto militari “mongoli” uccisi, vennero recuperati qualche giorno più tardi utilizzando il carretto di Umberto Licini e con l’aiuto di volontari della frazione Busa.cisti.
I corpi vennero cosparsi di calce e trasportati al cimitero di Nese dove venero sepolti in una fossa comune (nello stesso punto dove sono oggi), si dice vicino a due slavi uccisi in un rastrellamento precedente.
I rastrellamenti continuarono anche nei giorni successivi al 13 aprile in tutta la zona, per “ripulire” la zona di eventuali “mongoli” sfuggiti alla cattura.
In alcuni negozi di Alzano Centro nei giorni successivi alla strage di Monte di Nese (da stime persero la vita circa 120 militari “mongoli”), fu esposto un manifesto che rappresentava due militi fascisti ben vestiti ed armati che accompagnavano un gregge di pecore.
Testimonianza raccolta dall’ANPI di Alzano Lombardo